Nel 1975 l’Argentina aveva 25 milioni di abitanti, 3
dei quali vivevano in povertà.
Oggi gli abitanti del
paese sono 37 milioni e i poveri superano i 14
milioni, oltre un terzo.
E’ questo il dato socio
economico che meglio fotografa il risultato
devastante delle politiche attuate dalle
amministrazioni che si sono succedute negli anni ‘90 fino
al 2001.
In un tessuto democratico debole, come quello dell’Argentina
dopo la dittatura, il liberismo ha provocato la dissoluzione dello Stato
a
favore dei grandi gruppi economico-finanziari,
scaricando il costo della ristrutturazione dell’economia sulle
fasce più deboli
della popolazione.
La crisi acuta che è esplosa nel dicembre 2001 ha esposto al mondo
le
contraddizioni di un modello di sviluppo economico che non tiene conto
della realtà sociale in cui opera.
L’Argentina è, insieme al Brasile, il vero motore economico
dell’intero
Sudamerica, le conseguenze della crisi argentina non hanno tardato a
colpire le economie satelliti dell’Uruguay e del Paraguay, e anche
altri paesi
del latino america hanno visto diminuire i flussi di esportazione verso
il
paese argentino.
L’Argentina, inoltre, è un paese vicino: le diverse ondate
migratorie di
italiani in Argentina nel XX secolo hanno dato vita a una nazione composta
dal più del 40% di popolazione di origini italiane. Questo legame
si
mantiene vivo nelle tradizioni, nelle abitudini, nei nomi delle strade
di
Buenos Aires, nella musica e nella cucina. E’ un pezzo importante
della
nostra storia, che non dobbiamo dimenticare quando pensiamo
all’Argentina di oggi in crisi. E’ la stessa Argentina che
ha generosamente
accolto i nostri nonni, offrendo loro una patria, un lavoro, una speranza
che
l’Italia non poteva dare. Oggi quest’ Argentina e i nipoti
dei nostri nonni
hanno bisogno di noi: di una piccola spinta per riprendere…
....
INTRO Il più grande disastro della storia dell'FMI, fa precipitare l'Argentina in una profonda crisi economica che sfocia, nel dicembre 2002, in enormi proteste di strada. Nonostante la repressione, che a molti argentini ricorda gli anni della dittatura, i successivi quattro governi vengono ribaltati dalle proteste. Il nuovo presidente Kirchner, sebbene si mostri piu' aggressivo nei confronti dei potentati (non solo economici) del suo paese, non ha messo in discussione la base dei privilegi. Così i cambiamenti economici sono dovuti alla svalutazione della moneta e non a provvedimenti strutturali. Gli argentini, invece, in risposta alla crisi hanno creato alcuni dei più interessanti esperimenti di democrazia diretta del continente sudamericano.
31 gennaio 2003
20 dicembre 2001 accadde quello che venne chiamato "Argentinazo" parola assolutamente intraducibile in inglese o, se è per questo, in spagnolo. L'Argentinazo non fu proprio una sommossa, anche se tale apparve in televisione, con gente che assaliva i supermercati e la polizia a cavallo che caricava sulla folla; 33 furono le vittime in tutto il paese. Non fu nemmeno una rivoluzione come un'altra, anche se un po' lo era sembrata, con folle infuriate che assediavano la sede del governo obbligando il presidente a rassegnare vergognose dimissioni. Furono uccisi almeno 30 dimostranti e il presidente Fernando de La Rua fu costretto a rassegnare le dimissioni mentre la folla gridava l'ormai famoso slogan "Que se vayan todos" (via tutti!).
Ma, a differenza di una comune rivoluzione, l'Argentinazo non fu organizzato da una forza politica alternativa che rivendicava il potere. E, a differenza di una sommossa, l'Argentinazo era animato da una richiesta unitaria e inequivocabile: l'allontanamento immediato di tutti i politici corrotti che si erano arricchiti mentre l'Argentina, un tempo l'invidia dei paesi in via di sviluppo, precipitava nella povertà. In realtà l'Argentinazo fu esattamente quello che il suono della parola suggerisce: un'esplosione caotica di Argentinità, durante la quale centinaia di migliaia di persone improvvisamente e spontaneamente lasciarono le loro case, si riversarono nelle strade della capitale, si misero a suonare pentole e padelle, inveirono contro alle banche, si scontrarono con la polizia, mandarono le motociclette su di giri, cantarono inni da stadio e riuscirono a costringere il presidente a lasciare il suo palazzo in elicottero. Nel corso dei 22 giorni a venire, il paese avrebbe cambiato cinque presidenti, e si sarebbe dichiarato inadempiente per i suoi 95 bilioni di dollari di debito, il più grande debito della storia. (Il quinto 'guardiano', il presidente Eduardo Duhalde, è ancora aggrappato al potere, e le elezioni sono previste per aprile).
Dalla metà degli anni '50 ai primi anni '70, l'Argentina è stato un paese profondamente non democratico, governato da una successione di giunte che, anche quando concedevano elezioni limitate, impedivano al partito populista di Peron di presentare candidati. È in questo contesto che gli studenti e i lavoratori di sinistra cominciarono a organizzarsi in eserciti di guerriglia. Molti di questi attivisti pensavano di iniziare una rivoluzione socialista, anche se per Juan Peron, che li spingeva dal suo esilio in Spagna, le milizie erano solo un mezzo per accelerare il suo glorioso ritorno da leader paternalista. La maggiore fazione armata di questa opposizione crescente era costituita dai Montoneros, un movimento giovanile che ispirava per la sua politica populista a Evita e per la sua teoria di guerriglia a Che Guevara. Anche se queste cellule non hanno mai costituito una seria minaccia alla sicurezza nazionale, l'esercito argentino usò la serie di attacchi di guerriglia ai bersagli militari e alle grandi aziende come un pretesto per dichiarare una campagna a oltranza contro la sinistra - i generali chiamarono l'azione "guerra al terrore", ma il nome che le è rimasto da allora è "Guerra Sporca".
Tra il 1976 e il 1983, l'Argentina fu governata da un perverso regime militare che combinava una politica di controllo sociale improntata a un Cattolicesimo fondamentalista con un'economia di libero mercato anch'essa fondamentalista; un regime che aveva proibito la musica rock mentre rastrellava prestiti e investimenti del valore di bilioni di dollari dalle banche straniere e dalle grandi imprese multinazionali. I generali consideravano una loro missione quella di ripulire ogni scuola, ogni posto di lavoro, le chiese e i quartieri di ogni traccia di pensiero Marxista o similmente "sovversivo". Allo stesso tempo, consideravano un loro proprio diritto quello di trarre personale profitto da questa crociata, non soltanto depauperando le casse dello stato ma anche derubando abitazioni private, sottraendo oggetti personali e persino bambini persone che essi torturavano e uccidevano (lo stato alla fine fu costretto a risarcire molte delle famiglie delle vittime).
A tutt'oggi, i generali negano quasi tutto e, grazie a un indulto ufficiale di stato, gli assassini di allora adesso sono liberi - l'odiato Leopoldo Galtieri, che condusse l'Argentina nella disastrosa guerra delle Falklands e che è morto all'inizio di questo mese, si è portato molti segreti nella tomba. Tuttavia, dalla fine della dittatura militare, diverse indagini approfondite hanno raccolto le prove degli abusi compiuti durante e dopo la Guerra Sporca. Ed è stato esaminando queste inchieste che i gruppi argentini per la difesa dei diritti umani hanno scoperto che Varando, l'uomo che la HSBC aveva incaricato delle operazioni di sicurezza, era un membro del gruppo del personale militare accusato dai parenti degli scomparsi dei crimini di guerra durante un attacco alle caserme della Tablada nel 1989. In una relazione dell'Organizzazione della Commissione Inter-Americana degli Stati d'America sui diritti dell'Uomo, completata nel 1997, si legge che due prigionieri alla base della Tablada, Ivan Ruiz e Jose Alejandro Diaz, furono "scomparsi" sotto la guardia del Maggiore Jorge Varando. Varando sostiene di aver trasferito Ruiz e Diaz a un altro ufficio, e quando in seguito l'ufficiale fu ucciso nell'azione, egli credette che i prigionieri fossero scappati. Tuttavia, grazie a una successiva amnistia, non vi fu mai una inchiesta criminale approfondita sugli eventi alla Tablada. Oggi, in relazione a un altro incidente, Varando è in attesa di giudizio per l'assassinio di Gustavo Benedetto.
All'angolo dell'Avenida de Mayo e Chacabuco, dove la facciata a vetri dell'HSBC adesso è rivestita in acciaio rinforzato impenetrabile come gli occhiali da sole a specchio dei poliziotti di guardia fuori, il passato e il presente dell'Argentina si sono scontrati. Il presunto killer di Benedetto lavorava per una banca estera, proprio una di quelle stesse banche estere che hanno ingoiato i risparmi di milioni di Argentini quando il governo decise di congelare i prelievi dalle banche all'inizio del dicembre 2001. Mentre i conti bancari venivano bloccati, il peso veniva sganciato dal dollaro e la valuta precipitò in caduta libera. Quando, un anno dopo, il congelamento fu parzialmente rimosso e i clienti delle banche poterono riprendersi il proprio denaro, i loro risparmi avevano perso due terzi del loro valore.
Sebbene banche come la HSBC addossino al governo la responsabilità del congelamento, questa misura in realtà fu una risposta al fatto che le banche private avevano aiutato i loro clienti più ricchi a portare fuori dall'Argentina circa 20 bilioni di dollari nel corso dell'anno precedente. In quel periodo, non c'era divieto di portare capitali all'estero. Un momento particolarmente drammatico si ebbe lo scorso gennaio, quando la polizia fece irruzione in una filiale della HSBC, così come di varie altre banche, alla ricerca di prove che centinaia di veicoli blindati erano stati usati per trasportare all'aeroporto Ezeiza International bilioni di dollari non dichiarati in contanti. Le banche estere sostennero che le autorità cercavano capri espiatori a cui imputare la crisi economica, e la HSBC Holdings Ltd dice che la sua affiliata locale ha sempre agito in conformità alle leggi argentine e che non è a conoscenza di alcuna prova che la sua affiliata abbia partecipato alla fuga di capitali.
Secondo al pubblico ministero nel processo della fuga di capitali, l'inchiesta sulle accuse di "frode contro lo stato e associazione illecita" è ancora in corso, e fino ad adesso non sono state presentate accuse. Al nocciolo delle accuse contro le banche estere c'è una questione di tempo: l'esodo dei contanti è avvenuto solo pochi giorni dopo che il governo congelasse i prelievi, diffondendo la convinzione che alle banche, a differenza dei comuni cittadini che furono colti di sorpresa, era giunta la soffiata che il congelamento era imminente. Questo è un punto importante, perché per molte delle famiglie e delle aziende argentine più ricche il crollo bancario e la svalutazione ha comportato un ulteriore arricchimento: adesso questi pagano i loro impiegati, le spese e i debiti in pesos svalutati, ma, grazie alle banche, i loro risparmi sono al sicuro all'estero convertiti in dollari. È un accordo altamente proficuo.
Dopo che i 20 bilioni di dollari in capitale "scomparso" furono scoperti, tale fu lo sdegno della pubblica opinione che diverse banche straniere furono accusate di "sovversione economica", contravvenendo una che proibisce atti che possano sabotare l'economia del paese. Tuttavia, questo ostacolo è stato abilmente superato lo scorso maggio, quando una coalizione di banche capeggiata dalla HSBC, è riuscita con un'azione di lobby a stroncare la legge.
Questo incidente è stato connesso ad un'ulteriore controversia, questa volta un caso di corruzione, in cui sono implicati legislatori e banche estere. In agosto, il Financial Times ha pubblicato le accuse di banchieri e diplomatici secondo i quali legislatori argentini avevano sollecitato tangenti dalle banche estere in cambio dell'offerta di votare contro varie misure legislative che sarebbero costate agli istituti finanziari centinaia di milioni di dollari l'anno. Le banche sostengono di avere rifiutato l'offerta. Dopo la pubblicazione dell'articolo, la polizia argentina fece di nuovo irruzione in diverse banche, tra cui i quartieri generali della HSBC e la residenza privata di un vecchio portavoce dell'HSBC, questa volta per cercare le prove della richiesta di tangenti e per scoprire la fonte dell'accusa. Si è detto che le irruzioni avessero una movente politico, quello di colpire le banche per avere reso pubbliche le accuse di corruzione. Quando Mike Smith, presidente della HSBC argentina, testimoniò in una udienza legale a proposito dello scandalo, egli sostenne che non era a conoscenza degli incidenti descritti nel Financial Times e negò che la HSBC avesse pagato tangenti. Sostenne inoltre che sollecitare tangenti in cambio di leggi favorevoli era una prassi comune in Argentina. Anche quest'inchiesta è ancora in corso.
Benedetto era solo una delle 33 vittime di morte violenta durante l'Argentinazo del 2001. Ma la sua vicenda personale, tormentata dagli spettri della eppure così innegabilmente moderna, è divenuta il simbolo di un paese che adesso sta cercando di comprendere la sua inesorabile crisi economica. Come è possibile che 27 bambini muoiano ogni giorno di fame in un paese che ha risorse naturali talmente abbondanti che un tempo dava da mangiare a gran parte dell'Europa e del Nord America? Come è possibile che una nazione i cui operai compravano case e macchine con salari che erano i più alti in sud America adesso abbia il più alto tasso di disoccupazione del continente e uno stipendio medio più basso del Messico? Benedetto pensava che il governo gli dovesse delle risposte a queste domande, ed è per questo che scese in piazza quel giorno di dicembre.
"C'era una volta un paese chiamato Argentina," scrive il giornalista Sergio Ciancaglini, "dove molte persone sparivano e dove, anni dopo, spariva anche il denaro. Tra le due cose c'è un nesso." Ciancaglini sostiene che chiunque voglia capire dov'è andata a finire la ricchezza dell'Argentina deve innanzitutto fare un viaggio nel passato, per scoprire cos'è successo alle persone scomparse. A seguito dell'Argentinazo, vi è stata un'esplosione popolare di gruppi che si sono imbarcati proprio in questo viaggio, una sorta di missione investigativa forense nazionale che vede un nesso tra gli interessi economici della dittatura dei generali con le politiche che qualche anno dopo hanno portato l'economia alla rovina. La convinzione - la speranza - è che quando tutti i pezzi saranno messi insieme, l'Argentina potrà finalmente spezzare il ciclo del terrore di stato e del saccheggio corporativo che tiene in ginocchio questo paese, come tanti altri, da troppo tempo. A Benedetto piaceva molto leggere libri di storia e di economia. Come dice sua sorella maggiore, Eliana, "voleva capire come un paese così grande fosse potuto finire in un tale caos." Gustavo sognava di diventare professore di storia, ma quello era un obbiettivo per tempi migliori. Quando suo padre morì nel marzo 2000, Gustavo dovette cercarsi un lavoro, qualsiasi lavoro, con cui potere mantenere sua madre e sua sorella. Era un brutto periodo per cercare lavoro. Alla Tablada, il sobborgo postindustriale dove vive la famiglia Benedetto, la maggior parte delle fabbriche erano già chiuse. Il meglio che riuscì a trovare fu un posto da impiegato in un supermercato in un centro commerciale lì vicino.
Ma almeno aveva un lavoro. Nonostante la stampa internazionale abbia scoperto la crisi economica argentina solo relativamente di recente, in quartieri come la Tablada la crisi era una realtà già almeno da sei anni. A metà degli anni '90, quando il FMI ancora additava l'Argentina come un miracolo di crescita economica, come un modello delle ricchezze che aspettano le nazioni povere che spalancano le porte agli investimenti stranieri, la disoccupazione stava già raggiungendo livelli di crisi da record. È uno schema che si è ripetuto molte volte in sudamerica, in paesi che hanno adottato simili riforme liberiste; oggi solo il Cile sopravvive come cosiddetto "esperimento riuscito", mentre più del 50% della popolazione dell'Argentina è caduta al di sotto del livello di povertà ufficiale.
Stranamente, quando sulla carta l'Argentina era meno ricca, erano di meno gli Argentini che soffrivano la fame. Molti e complessi fattori economici hanno contribuito a questa trasformazione, dai cambiamenti nelle esportazioni agricole dei raccolti agli stipendi in caduta nel settore industriale. Ma anche alcuni piccoli cambiamenti fecero la loro parte, come il fatto che piccoli mercati di quartiere vendevano cibo a credito durante periodi difficili, un pizzico di grazia che scomparve quando l'Argentina divenne una vetrina della globalizzazione e i piccoli negozi furono sostituiti da ipermercati di proprietà di stranieri delle dimensioni di tempi Aztechi, con nomi come Carréfour, Wal-Mart, e Dia, la catena spagnola dove Gustavo era finalmente riuscito a trovare lavoro.
Non fu pertanto una coincidenza che, nei giorni che portarono all'Argentinazo, molti degli ipermercati si trovarono sotto assedio, saccheggiati da folle di disoccupati, con le facce coperte da T-shirts diventate passamontagna di fortuna. Quando Gustavo si presentò al lavoro il 19 dicembre, l'atmosfera era insopportabilmente tesa: nessuno sapeva se questo castello di cemento sarebbe stato assalito da folle affamate e furiose. A mezzogiorno, il direttore decise di mettere fine alla suspense e decise per la chiusura anticipata.
Quando Gustavo arrivò a casa, accese la televisione. Quello che vide fu un paese in aperta rivolta, con manifestazioni di protesta dovunque. Giorno e notte, passò da un canale all'altro, ma verso le 10.40 tutti i canali trasmettevano la stessa immagine: il Presidente Fernando de la Rua, con il volto appiccicaticcio di sudore, che leggeva freddamente un testo preparato. L'Argentina, disse, era attaccata di "gruppi che sono nemici dell'ordine che cercano di seminare discordia e violenza." E dichiarò lo stato d'assedio. Per molti argentini, la dichiarazione del presidente suonò come un preludio a un colpo di stato militare - e quello fu un errore fatale per il governo de la Rua. Gustavo guardò in diretta le immagini della Plaza de Mayo riempirsi di gente che suonava pentole e padelle con cucchiai e forchette, un ammonimento, tanto privo di parole quanto fragoroso, alle istruzioni del presidente: gli argentini non avrebbero ceduto le loro libertà fondamentali in nome dell' "ordine", dichiararono. Ci avevano provato prima sotto la giunta, ed era finita male. E poi un singolo grido di rivolta si levò dalla folla di nonne e di studenti delle scuole superiori, fattorini in motocicletta e operai disoccupati, un grido diretto ai politici, ai banchieri, al FMI e ad ogni altro "esperto" che sosteneva di avere la ricetta perfetta per la prosperità e la stabilità dell'Argentina: "Que se vayan todos!" - che se ne vadano tutti! - dicevano.
Gustavo non dormì bene quella notte. Quando arrivò a lavoro il giorno dopo, il magazzino era completamente sbarrato, così tornò a casa e accese di nuovo la televisione. Fu allora che sentì un impulso che non aveva mai avvertito prima: voleva partecipare a una manifestazione politica. D'un tratto, Gustavo, un tipo bonario che non aveva mai protestato contro niente in tutta la sua vita, si alzò dal divano, spense la televisione e disse a sua madre che sarebbe andato in città.
Mentre andava alla fermata dell'autobus, Gustavo chiese a diversi amici del quartiere della Tablada se volevano andare con lui, per essere parte della storia che guardavano svolgersi sugli schermi televisivi. Ma non riuscì a trovare nessuno: la maggior parte della gente alla Tablada ne aveva abbastanza della storia. Durante gli anni '70 e '80 questo quartiere popolare si trovò letteralmente preso tra i due fuochi dell'esercito e della guerriglia: alcune cellule di sinistra erano attive nella zona in quel periodo, come pure la sede della Infantería Mecanizada No 3 della Tablada, un'ampia base militare dove presumibilmente si perpetravano abusi dei diritti umani. Alla Tablada, la Guerra Sporca era ancora più lurida di altrove, con genitori che si imbattevano negli assassini dei loro figli al negozio all'angolo. E poiché qualsiasi contatto con persone di sinistra bastava per essere marchiato come collaboratore, la cosa più sicura da fare era ritirarsi in casa: si chiudevano le porte in faccia agli amici che cercavano rifugio, se c'era un subbuglio fuori si serravano in fretta le persiane, si alzava il volume della radio per nascondere le urla provenienti dagli appartamenti vicini. Alla Tablada, come dappertutto in Argentina, i residenti impararono a vivere seguendo fedelmente la filosofia dei tempi del terrore: "No se meta" - non t'immischiare. È un atteggiamento sopravvissuto ancora oggi. Ma Gustavo aveva deciso di rompere con quella tradizione. Non poteva sapere che le tattiche della dittatura stavano per tornare nelle strade di Buenos Aires. Nelle due ore che ci mise per arrivare dai sobborghi al centro di Buenos Aires, il capo della polizia aveva inviato l'ordine di "ripulire la Plaza de Mayo". All'inizio le squadre anti-sommossa usarono pallottole di gomma e gas lacrimogeno; poi passarono a munizioni non ancora esplose.
La polizia cercò inutilmente di respingere la folla sulla Avenida de Mayo. Verso le 4 del pomeriggio, un gruppo di circa 20 poliziotti erano in cerca di un posto sicuro dove rifugiarsi e ricaricare le armi. Scelsero l'atrio della HSBC, uno degli edifici più sicuri della città, anche perché ospita l'ambasciata israeliana. Un pugno di manifestanti, meno di cinque, secondo i documenti del tribunale, si staccò dalla fiumana di gente che si dirigeva Plaza de Mayo e cominciò a gettare sassi contro la banca. Un uomo mandò in pezzi un vetro con una sbarra di metallo.
La polizia e le guardie di sicurezza private che erano dentro furono presi dal panico e aprirono il fuoco. Stando alle testimonianze rese nel processo, in soli quattro secondi una pioggia di almeno 59 pallottole fu scaricata sulla strada affollata. Proprio allora, Gustavo Benedetto, che camminava da solo in città da meno di un'ora, svoltava nell'Avenida de Mayo. Era lontano parecchi metri dalla banca quando una pallottola di piombo, sparata da un'arma di 9 mm, lo prese di spalle alla testa. Cadde a terra e in un istante era morto.
La HSBC poteva essere un buon rifugio per i poliziotti nel caos dell'Argentinazo, ma quando si tratta di un delitto presumibilmente commesso dal suo atrio, una banca, con le sue telecamere di sicurezza che monitorano ogni angolo offre poca copertura. Le telecamere di sorveglianza della HSBC, prodotte al processo come prova, mostrano chiaramente la polizia e il personale di sorveglianza della banca che puntano le armi e sparano attraverso i vetri. Questa prova ha provocato un evento raro negli annali della giustizia argentina: l'arresto di un ex officiale militare con l'accusa di omicidio.
Jorge Varando è laureato alla School of the Americas, un campo di addestramento "contro-guerriglia" nel sud degli Stati Uniti. Sentito come testimone, Varado ha sostenuto di non avere sparato a Benedetto e di avere agito come si conviene a un agente di sicurezza di guardia a una banca. In una recente intervista radiofonica, si è detto che lui stesso avrebbe ammesso di aver sparato, e di averlo fatto "in tutta tranquillità" e "per fermare quelli che cercavano di entrare nell'edificio".
Fino a questo momento la HSBC si è rifiutata di commentare il caso per via del procedimento legale in corso, se non per puntualizzare che il suo impiegato Varando ha sempre sostenuto la sua innocenza. Non è chiaro se Varando sarà rappresentato da un avvocato della HSBC quando il caso arriverà in tribunale, ma la banca aveva mandato il suo consulente legale alle udienze prima del processo.
La HSBC è inevitabilmente implicata in parte, dato che la sparatoria si è svolta dai suoi locali, e le telecamere di sicurezza forniscono prove schiaccianti. Ma queste prove si sono rivelate problematiche. Quando la corte fece la ricostruzione dell'omicidio, mettendo a confronto la cassetta in cui Varando fa fuoco con la sua arma e il luogo in cui Benedetto è stato ucciso, emerse chiaramente che qualcuno aveva cambiato l'angolo della telecamera di sicurezza principale, rendendo estremamente difficile far corrispondere la ricostruzione con la sequenza di Varando che spara attraverso il vetro. Il personale della banca disse che l'angolazione della telecamera era stata cambiata accidentalmente durante le pulizie.
E il caso ha attratto ancora maggiore interesse perché ogni mese dal giorno del delitto gli amici e la famiglia mettono un memoriale di fortuna a Gustavo Benedetto davanti alla banca - e ogni mese il memoriale viene misteriosamente tolto e il nome di Gustavo cancellato. Questo è andato avanti fino allo scorso novembre, quando una troupe televisiva che piantonava l'edificio della HSBC alle 3 del mattino ha ripreso due poliziotti federali in un'auto civetta mentre si fermavano davanti alla banca e distruggevano il monumento di cemento e ceramica con palanchini. Da allora i poliziotti sono stati sospesi.
Fino a poco fa, l'Argentina seguiva una politica di amnesia ufficiale per i crimini della Guerra Sporca. Certamente le organizzazioni non governative per i diritti umani continuavano a pubblicare numerose e feroci relazioni, le Madri della Plaza de Mayo continuavano a sfilare e i figli di genitori scomparsi si facevano vedere, di tanto in tanto, a gettare vernice rossa fuori delle case degli ex militari. Ma prima dell'Argentinazo, la maggior parte degli argentini borghesi consideravano queste azioni come macabri rituali di altri tempi. Ma questi facinorosi non avevano ricevuto il promemoria? Il paese era "andato avanti" - almeno in teoria, secondo l'ex presidente Carlos Menem.
Menem, la versione argentina di Margaret Thatcher e John Gotti, un sostenitore del libero mercato che andava in giro in Ferrari, fu eletto per la prima volta nel 1989, mentre l'economia era in recessione e l'inflazione in rialzo. Sostenendo che molti dei problemi economici dell'Argentina derivavano dai maldestri tentativi dei suoi predecessori di giustiziare i generali della Guerra Sporca, Menem offrì un approccio alternativo: anziché tornare indietro nell'inferno delle tombe prive di lapidi e delle bugie del passato, disse, gli Argentini dovevano dare un colpo di spugna al passato, lanciarsi nell'economia globale e mettere tutte le loro energie nella crescita economica.
Dopo aver concesso la grazia ai generali, Menem lanciò un vigoroso programma di quello che qui in America Latina si chiama "neo-liberalismo": ovvero, privatizzazioni in massa, cassa integrazione nel settore pubblico, "flessibilizzazaione" e incentivi aziendali nel mercato del lavoro. Ridusse drasticamente i programmi alimentari federali, tagliò il fondo nazionale di disoccupazione quasi dell'80%, licenziò centinaia di impiegati statali e dichiarò illegali molti scioperi. Menem battezzò questa rapida trasformazione liberista "intervento chirurgico senza anestesia" e assicurò gli elettori, una volta superato il breve periodo di dolore, che l'Argentina sarebbe, come diceva una delle sua campagne pubblicitarie, "rinata".
La borghesia di Buenos Aires, in parte pentita della sua complicità o compiacenza nella Guerra Sporca, accolse con entusiasmo l'idea di vivere in un paese nuovo e lustro, privo di passato. "Non ti immischiare," il mantra degli anni del terrore, lasciò il posto a "Bada ai tuoi interessi," il mantra del grande capitalismo, nella cui causa i vicini sono rivali e il mercato è al primo posto sopra tutto, compresa la ricerca di giustizia e la ricostruzione delle comunità devastate. Negli anni a venire, la Buenos Aires degli anni '90 si diede a un consumismo sfrenato da far impallidire il newyorchese o il londinese più ossessionato dal lavoro e dallo shopping. Secondo alcuni dati governativi, tra il 1993 e il 1998, la spesa totale delle famiglie aumentò di 42 bilioni di dollari, mentre negli stessi cinque anni di folli spese le importazioni raddoppiarono da 15 bilioni di dollari nel 1993 a 30 bilioni di dollari nel 1998.
Nei quartieri chic di Recoleta e Palermo, i residenti compravano non solo gli ultimi elettrodomestici di importazione e vestiti firmati, ma anche nuove facce e nuovi corpi - Buenos Aires fece presto la concorrenza a Rio de Janeiro come capitale delle chirurgia estetica, con un solo chirurgo estetico che vantava 30.000 clienti. Era chiaro che gli argentini volevano essere rifatti, come il loro paese, e come il loro presidente, che periodicamente scompariva per ripresentarsi con la faccia stirata dicendo di essere stato punto da un'ape.
Le maschere e i travestimenti degli anni '90 per un certo periodo sembrarono decisamente realistici. Il PIL aumentò del 60% in un decennio e vi fu una pioggia di investimenti stranieri. Ma, così come gli azionisti della Enron non si curarono di guardare i libri contabili finché i profitti salivano, gli investitori e i creditori stranieri in Argentina in qualche modo non videro che lo snello governo di Menem nel 1999 aveva un debito di 80 bilioni di dollari superiore a quello del governo del 1989. O che, grazie soprattutto alle casse integrazioni nelle aziende private, la disoccupazione era salita dal 6.5% nel 1989 al 20% nel 2000.
In breve, il "Miracolo Menem", come il Time entusiasticamente l'aveva chiamato, era un miraggio. La ricchezza che affluì negli anni '90 in Argentina era una combinazione di speculazione finanziaria e di vendite una tantum: la compagnia telefonica, la compagnia petrolifera, le ferrovie, la compagnia aerea. Dopo l'iniziale afflusso di contanti e di bustarelle, ciò che rimase fu un paese svuotato, in cui i servizi di base erano rincarati e la classe lavoratrice era senza lavoro. Rimase anche un settore finanziario deregolato in stile far west che permise alle famiglie più ricche d'Argentina di trasferire 140 bilioni di dollari di capitale privato in conti bancari esteri - più sia del PIL nazionale che del debito pubblico.
Mentre la ricchezza dell'Argentina scompariva, destinata a conti bancari a Miami o alla borsa di Milano, anche l'amnesia collettiva degli anni di Menem venne meno. Oggi, quasi 20 anni dopo la fine della dittatura della giunta e con i vecchi generali militari morti o in fin di vita, gli spettri dei 30.000 scomparsi sono improvvisamente ritornati e gravano su ogni aspetto dell'attuale crisi del paese. Nei mesi successivi all'Argentinazo, il passato sembrava così presente che era come se il tempo stesso fosse collassato e il terrore di stato fosse stato commesso soltanto ieri. Nei tribunali e nelle strade, esplose un dibattito nazionale non solo su come così tante persone fossero uscite impuniti, ma anche sulle stesse cause del terrore: perché quelle 30.000 persone erano morte? Negli interessi di chi erano state uccise? E qual era il nesso tra quelle morti e le politiche di libero mercato che avevano mandato in rovina il paese in maniera così spettacolare?
In passato quando gli studenti e gli aderenti ai sindacati venivano gettati in Ford Falcons verdi e portati in centri di tortura clandestini, c'era poco tempo per simili domande sulle cause prime e sugli interessi economici. Durante gli anni del terrore, gli attivisti argentini avevano una sola dominante preoccupazione: rimanere vivi. Quando gruppi come Amnesty International cominciarono a intervenire in loro difesa, loro stessi erano preoccupati per la loro sopravvivenza quotidiana. Gli inquirenti ritrovavano le persone scomparse e poi ne chiedevano la liberazione o almeno la conferma della loro morte.
C'erano però alcune eccezioni, individui che riuscirono a capire che i generali avevano un piano economico aggressivo quanto i loro piani politici. Nel 1976 e nel 1977, i primi due anni del governo della giunta, quando il terrore era al culmine della barbarie, i generali introdussero un programma di "ristrutturazione" economica che sarebbe stato un assaggio dell'odierna globalizzazione spietata. Lo stipendio nazionale medio fu dimezzato, la spesa sociale ridotta drasticamente e il controllo dei prezzi fu abolito. I generali venivano generosamente ricompensati per queste misure: in quegli stessi due anni, l'Argentina ricevette più di 2 bilioni di dollari di prestito dall'estero, più del totale di quanto il paese avesse ricevuto nei precedenti sei anni. Quando i generali restituirono il paese nel 1983, il debito nazionale estero era aumentato da 7 a 43 bilioni di dollari.
Il 24 marzo del 1977, un anno dopo il colpo di stato, il giornalista investigativo Rodolfo Walsh pubblicò una Lettera Aperta da uno Scrittore alla Giunta Militare, destinata a diventare una delle più famose nella moderna America Latina. In essa, Walsh, membro del movimento giovanile dei Montoneros, ruppe con la censura della stampa ufficiale facendo un resoconto scrupoloso e dettagliato della campagna di terrore dei generali. Ma c'era una seconda metà della lettera che, secondo il biografo di Walsh, Michael McCaughan, fu soppressa dai leaders dei Montoneros, molti dei quali, anche se militari nelle loro tattiche, non erano così ferrati in economia come Walsh. La metà mancante, appena pubblicata nel libro di McCaughan, True Crimes, spostava l'ottica dagli abusi dei diritti umani da parte dei militari al loro programma economico. Walsh dichiarava, un po' ereticamente, che il terrore non fu "la più grande sofferenza inflitta agli argentini, né la peggiore violazione dei diritti umani mai commessa. È nella politica economica di questo governo che si scopre non solo la spiegazione dei crimini, ma una più grande atrocità che punisce milioni di esseri umani con una miseria programmata."
Ancora una volta Walsh offrì un catalogo di crimini: "Stipendi congelati con l'impugnatura dei fucili mentre i prezzi salgono con la punta delle baionette; abolizione di tutte le forme di contrattazione collettiva; proibizione di assemblee e di commissioni interne; aumento dei giorno lavorativi; aumento della disoccupazione ... una politica economica dettata dal Fondo Monetario Internazionale secondo una ricetta applicata indiscriminatamente in Zaire e in Cile, in Uruguay o in Indonesia." Pochi minuti dopo avere spedito alcune copie di questa lettera, Walsh fu vittima di un'imboscata della polizia e eliminato da una pallottola sulle strade di Buenos Aires.
Più difficile da eliminare, tuttavia, era la descrizione che Walsh aveva dato della logica economica sopravvissuta alla dittatura, una logica che guidava lo scalpello della chirurgia senza anestesia di Menem e che ancora guida le missioni del FMI in Argentina, missioni che impongono sempre più tagli alla sanità e all'istruzione, tariffe più alte per servizi pubblici, pignoramenti delle banche sui mutui. Ma Walsh non chiamava questa "buona amministrazione" o "prudenza fiscale" o "competitività a livello globale" - la chiamava "miseria programmata".
Walsh capì che i generali non avevano ingaggiato una guerra al "terrore" ma una guerra a ogni barriera all'accumulo di ricchezza da parte degli investitori stranieri e dei loro beneficiari locali. Di giorno in giorno Walsh ci dimostra quanto fosse lungimirante. I processi civili continuano a dissotterrare nuove prove che le grandi imprese straniere collaboravano da vicino con la giunta nello sterminio dei movimenti sindacali degli anni '70. Ad esempio, il dicembre scorso un pubblico ministero federale ha presentato un reclamo contro la Ford Argentina (una società affiliata alla Ford), sostenendo che una degli stabilimenti aveva all'interno un centro militare di detenzione dove venivano portati gli responsabili dei sindacati. "La Ford [Argentina] e i suoi dirigenti erano collusi nel rapimento dei suoi operai e penso che debbano ritenersi responsabili," dice Pedro Troiani, ex operaio alla catena di montaggio che ha testimoniato che i soldati lo rapirono e picchiarono dentro lo stabilimento. La Mercedes-Benz (adesso affiliata alla Daimler Chrysler) è oggetto di simili indagini sia in Germania che in Argentina, indagini che derivano dalle accuse di aver collaborato con i militari negli anni '70 per epurare uno dei suoi stabilimenti dai militanti del sindacato, dando nomi e indirizzi di 16 operai in seguito "scomparsi", 14 dei quali mai più rivisti. Sia la Ford che la Mercedes-Benz negano che i loro dirigenti abbiano svolto un ruolo in nessuna di queste morti.
E poi, naturalmente, c'è il caso di Gustavo Benedetto. In apparenza, non c'è nessun nesso tra l'assassinio di Benedetto e il passato, né tra la repressione durante l'Argentinazo e il terrore della Guerra Sporca. Eppure il caso di Benedetto mette in evidenza il mutato ruolo dei militari, dello stato e degli interessi finanziari, e l'attuale ruolo degli ex ufficiali militari.
Negli anni '70, Jorge Varando, l'uomo accusato dell'omicidio di Benedetto, lavorava per un regime militare che aveva aperto il settore bancario argentino alle banche private. Nel 2001, con il ridimensionamento dell'esercito così come del resto del settore pubblico, Varando lavorava direttamente proprio per una di quelle banche. Quello che si teme è che il grande risultato del ventennio di democrazia si riduca all'eliminazione dell'intermediario e alla privatizzazione della repressione. Adesso le banche e le grandi imprese in Argentina sono sorvegliate da unità di ex ufficiali di milizia armati, che li proteggono contro i manifestanti che sollevano difficili domande sui compromessi fatti nella transizione del paese dalla dittatura alla democrazia.
Oggi, la storia di quella transizione si riscrive per le strade. Non c'è un netto "prima" e "dopo" la dittatura. Il progetto della dittatura invece sta emergendo come processo: i generali hanno preparato il paziente, poi Menem ha eseguito l' "operazione". La giunta fece ben più che far sparire gli organizzatori dei sindacati che avrebbero potuto opporsi ai licenziamenti di massa e i socialisti che avrebbero potuto rifiutarsi di attuare l'ultimo piano di austerità del FMI. Il grande successo della Guerra Sporca fu la cultura della paura e dell'individualismo che rimane ancora in quartieri come la Tablada, dove era cresciuto Gustavo Benedetto.
I generali capirono che il vero ostacolo al completo controllo sociale non erano i ribelli di sinistra, ma la stessa presenza di comunità compatte e affiatate e della società civile. Il che spiega perché decisero di "far sparire" la stessa sfera pubblica. Il primo giorno del colpo di stato del 1976, i militari misero al bando tutti gli "spettacoli pubblici", dal carnevale al teatro alle corse dei cavalli. Le piazze pubbliche erano strettamente riservate per le esibizioni di forza militare e l'unica esperienza comune consentita era il calcio. Allo stesso tempo, i militari lanciarono una campagna per trasformare l'intera popolazione in delatori: i giornali di stato erano pieni di annunci che ricordavano ai cittadini che era il loro dovere civico denunciare chiunque sembrasse fare qualcosa di "sovversivo".
E quando la popolazione si fosse ritirata nelle proprie case, il progetto economico della dittatura sarebbe proseguito e sarebbe stato ampliato dai successivi governi civili senza nemmeno dover fare ricorso a caotiche repressioni - almeno fino a poco fa.
Negli anni '70, quando le Madri della Plaza de Mayo cominciarono a cercare i loro cari scomparsi, era tipico che queste donne coraggiose dicessero che i loro figli erano innocenti, che non stavano "facendo niente" quando furono presi. Oggi, le Madri guidano manifestazioni contro il FMI, parlano di "terrorismo economico" e dichiarano orgogliose che i loro figli stavano facendo qualcosa quando sono stati rapiti - erano attivisti politici che cercavano di salvare il paese dalla miseria programmata cominciata sotto la dittatura e acuitasi durante la democrazia.
Nelle macerie rimaste dell'Argentina dopo il dicembre 2001, qualcosa di straordinario è cominciato a succedere: i vicini hanno tirato la testa fuori dei loro appartamenti o case e, in assenza di una leadership politica o di un partito che si faccia interprete della esplosione spontanea a cui avevano partecipato, hanno cominciato a parlarsi. Hanno cominciato a pensare insieme. Alla fine del gennaio 2002, c'erano già circa 250 "asambleas barriales" (assemblee di quartiere) soltanto nella città di Buenos Aires. Le strade, i parchi e le piazze erano piene di raduni, la gente rimaneva fuori fino a tarda notte a progettare, a discutere, a testimoniare, a votare.
Molte di queste prime assemblee erano più delle terapie di gruppo che degli incontri politici. I partecipanti parlavano della loro esperienza di isolamento in una città di 11 milioni di abitanti. Accademici e negozianti si scusavano per non essersi interessati gli uni agli altri, i dirigenti ammettevano di aver guardato ai loro operai disoccupati dall'alto in basso, credendo che meritassero la loro condizione, senza pensare che la crisi avrebbe raggiunto i conti in banca della borghesia cosmopolita.
E queste scuse per i torti di oggi presto lasciarono il posto a confessioni drammatiche sugli eventi che risalivano alla dittatura. Una casalinga si alzò e ammise pubblicamente che, trent'anni prima, quando sentiva le storie di fratelli o di mariti scomparsi, aveva imparato a chiudere il cuore alla sofferenza, dicendo a se stessa: "Por algo será" - a qualcosa dovrà servire.
Molte assemblee cominciarono, a fronte di tanta programmata miseria, a programmare qualcos'altro: gioia, solidarietà, un altro tipo di economia. Furono aperte mense gratuite, create banche di lavoro e società di commercio. L'anno scorso, tra 130 e 150 fabbriche fallite e abbandonate dai proprietari, sono state rilevate dagli operai e trasformate in cooperative o imprese collettive. Negli stabilimenti agricoli, nei supermercati, nelle tipografie, nelle fabbriche di alluminio e nelle pizzerie, ora si prendono decisioni in assemblee aperte e i profitti vengono divisi equamente tra gli operai.
Negli ultimi mesi, le "fabricas tomadas" (letteralmente le "fabbriche occupate") hanno cominciato a collegarsi in rete tra di loro e a programmare un'"economia solidale" informale: operai tessili di una fabbrica occupata, per esempio, cuciono lenzuola per una clinica occupata; un supermarket a Rosario, trasformato in una cooperativa operaia, vende pasta da una fabbrica di pasta occupata; fornai occupati costruiscono forni con le mattonelle di una fabbrica di ceramiche occupata. "Mi sento come se la dittatura stia davvero per finire," mi ha detto un asamblista quando sono arrivata a Buenos Aires per la prima volta. "È come se fossi stato rinchiuso in casa mia per 25 anni e ora sono finalmente uscito."
............................................................ 26 gennaio 2004
La vittoria di Nestor Kirchner alle
ultime elezioni presidenziali in Argentina è stato l'ultimo
atto di un dramma, cominciato alla fine del 2001, che avrebbe sconvolto
l'establishment di questo paese. Ma a quasi un anno di distanza
dalla sua vittoria elettorale, come se la passano adesso gli argentini?
Il processo, quasi rivoluzionario, che si è svolto tra
il 2001 ed il 2003, ha visto tre capi di stato costretti a dimettersi
in meno di una settimana. Al culmine delle proteste, quasi la
metà della popolazione aveva aderito a diverse organizzazioni
di massa, dai "piqueteros" disoccupati alla classe media delle
assemblee popolari.
Ma il vuoto di leadership, il frazionamento della sinistra e le scelte molto astute di alcuni politici hanno ostacolato il processo rivoluzionario. All'epoca delle elezioni presidenziali, Kirchner, esponente della sinistra peronista ed ex governatore della Patagonia, è stato eletto con poco più del 20% dei suffragi.
I primi passi La cerimonia di insediamento è avvenuta all'insegna di radicali riforme ed alla presenza dei leader politici latinoamericani più popolari. Per l'occasione, Buenos Aires ha ospitato il presidente della Repubblica di Cuba, Fidel Castro, il Presidente del Brasile, Luiz "Lula" da Silva ed il Presidente del Venezuela Hugo Chavez.
I primi atti di Kirchner in veste di presidente, rivolti contro le istituzioni più detestate e corrotte del paese, avevano contribuito a corroborare l'impressione di una rottura radicale con il passato.
Poche settimane dopo il suo insediamento, i vertici delle forze armate venivano mandati a casa ed il sistema giudiziario veniva epurato dei suoi giudici più famigerati e corrotti. Venivano ripuliti anche polizia, amministrazioni dei fondi pensione e servizi segreti.
In un fiume di discorsi contro la globalizzazione ed il progetto dell'Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), Kirchner sottolineava l'esigenza di un "capitalismo nazionale", indipendente da qualsiasi ingerenza internazionale.
Contemporaneamente, i prezzi dei servizi pubblici essenziali venivano congelati e veniva aumentato l'importo dei piani "Trabajar" (una specie di sussidio di disoccupazione).
E durante i negoziati con il Fondo Monetario Internazionale, Kirchner arrivava addirittura a proporre ai creditori dell'originario debito privato, poi "nazionalizzato" da Menem, un rimborso equivalente al 25% del suo valore.
Con tutti questi provvedimenti, Kirchner sembrava essersi messo in rotta di collisione con l'Amministrazione Bush, soprattutto quando Roger Noriega, segretario di stato di Washington per gli affari latinoamericani, esprimeva un duro monito sulla posizione argentina nei confronti di Cuba ed il debito privato e, guarda caso, convocava il presidente argentino ad un incontro con il presidente statunitense.
Tutto farebbe pensare che Kirchner sia salito sulla stessa barca di Chavez e Castro nella veste del patriota latinoamericano che si oppone all'Impero. Ma sarà anche vero?
Le relazioni con gli Stati Uniti sono contraddittorie. Recentemente Kirchner, insieme a Lula, ha sottolineato che l'Argentina avrebbe collaborato con Evo Morales ed il suo radicale Movimiento al Socialismo (MAS) in caso di una sua vittoria alle prossime elezioni in Bolivia. Washington si oppone categoricamente a questa eventualità.
Tuttavia, l'opposizione di Kirchner all'ALCA, analogamente a Lula, si è ultimamente ammorbidita in una battaglia per un'ALCA "più giusta". In occasione del recente vertice dei capi di stato latinoamericani in Messico, soltanto il Venezuela ha espresso un NO incondizionato a questo accordo.
Per quanto riguarda il debito, partendo dal presupposto che "se l'Argentina può pagare, siamo disposti a pagare", Kirchner ha negoziato un piano di rimborso sulla base minima del 3% del PIL argentino. Conseguentemente, quasi il 40% della crescita del budget nazionale sarà destinato al pagamento degli interessi. L'incremento della spesa a favore degli ammortizzatori e dello sviluppo sociali sarà solo poco più del 2%.
La situazione economica reale L'ultima settimana del 2003, il governo ha annunciato che la crescita economica prevista per l'ultimo semestre dell'anno era del 7% e che il tasso di disoccupazione si era ridotto fino al 4,5%. Ma si tratta di un quadro idilliaco da cartolina di Natale.
Il salario medio in Argentina ammonta a circa 550 pesos (circa 150 Euro), a fronte di un costo medio della vita mensile di 1.500 pesos (circa 415 Euro). Ciò significa che il 58% degli argentini vive al di sotto della soglia di povertà e quasi il 30% in assoluta povertà.
Dal 1970 il potere di acquisto dei salari è diminuito di circa il 60%, a fronte di un aumento del costo della vita del 74%.
Il tasso di disoccupazione è del 22% (circa 3,5 milioni di senza lavoro). Se ci aggiungiamo anche i sottoccupati, questa cifra raggiunge circa i 5,2 milioni. La crescita dell'occupazione annunciata dal governo non riesce nemmeno a ripristinare la situazione antecedente la recessione del 1998, quando il tasso di disoccupazione era al 12%.
Se diamo per buone le stime dell'establishment economico, per ridurre la disoccupazione al di sotto del 10% sarà necessaria una crescita del 5% per 8 anni consecutivi. Un vero e proprio miracolo.
Ma quali sono questi nuovi posti di lavoro? Negli anni 90, "casualizzazione" dei rapporti di lavoro e licenziamenti furono imposti in tutto il paese in nome della modernizzazione e della "flessibilità". Adesso, in nome di un' "Argentina seria", lo sfruttamento dei lavoratori si sta diffondendo sempre più.
La metà dei lavori presuppone il pagamento in contanti che genera profitti aggiuntivi per il datore di lavoro. Questa tendenza è particolarmente evidente soprattutto nei settori in cui la svalutazione del peso ha praticamente cancellato le importazioni. L'industria tessile, dell'abbigliamento, parte di quella metallurgica sono responsabili da sole di circa l'80% della recente crescita dell'occupazione. In questi settori i diritti dei lavoratori sono stati quasi azzerati, i sindacati sono ormai degli ectoplasmi e lo sfruttamento della manodopera è alle stelle. I giovani e le donne, che rappresentano la maggioranza in questo settore, guadagnano il 37% in meno dei loro colleghi maschi.
"Aiuti" dal governo Allo stesso tempo, il governo sta preparando un piano chiamato "Manos a la Obra" ("mettiamoci all'opera"). Questo piano ha lo scopo di razionalizzare tutti i pagamenti per la previdenza sociale grazie ad un sistema di smart card finalizzato, soprattutto, ad indebolire lo spirito combattivo delle organizzazioni dei senza lavoro, soprattutto quelle particolarmente attive. È un sistema di lavoro socialmente utile che affonderà i salari sotto la soglia minima contrattuale peggiorando ulteriormente le condizioni d'impiego dei lavoratori.
Mentre questo programma viene attuato, diventa sempre più evidente che si tratta di un attacco contro tutto il movimento dei lavoratori, sia quelli occupati, sia quelli senza lavoro. L'obiettivo è chiaro: congelare i salari e peggiorare le condizioni di lavoro, il tutto in nome del consolidamento del "capitale nazionale". Il CEO della FIAT, la più grande fabbrica di automobili in Argentina, ha affermato che con questo piano potrebbe offrire molti nuovi posti di lavoro ai disoccupati, soprattutto perché entrerebbero in organico con i sussidi governativi.
La crescita sta arrivando con un incremento della produttività ed un aumento delle ore lavorative, unitamente ad una media mensile di 60 incidenti mortali sul lavoro. Il periodo di prova per i neoassunti è stato prolungato a 12 mesi, mentre fioriscono le agenzie di lavoro interinale che procacciano lavoratori senza tutele legali. Le ferie sono state accorciate e le pause per il pranzo adesso ricordano quelle di "Tempi Moderni", il famoso film di Charlie Chaplin del 1936.
Il ministero dell'Industria ammette che le ore di lavoro annuali sono aumentate a 2040 per ogni lavoratore, una media di nove ore e mezza al giorno a fronte soltanto di un piccolo aumento di salario... se c'è stato.
Il quadro è quello di un movimento operaio regredito a condizioni da 19° secolo, ben diverso da quello che può vantare una memorabile storia di lotte che è un esempio per noi tutti. Sotto il peso della pesante ipoteca di una crisi ereditata, unitamente all'esigenza di affrontare il neoliberismo ed affermare la dignità nazionale, il governo di Kirchner, con il pieno appoggio dell'amministrazione pubblica, sta perseguendo in piena regola una strategia di collaborazione di classe rivolta contro i lavoratori.
Il paradiso dei padroni "Ormai ci stiamo lasciando l'inferno alle nostre spalle", dice Kirchner. Ma dove stiamo andando? Se i lavoratori stanno perdendo, allora chi sta vincendo?
I profitti sono in aumento, con un ritorno sugli investimenti compreso tra l'8% ed il 10% (secondo il tasso d'interesse preteso dalle banche sui mutui destinati alle operazioni d'investimento). La produttività ha fatto registrare uno straordinario aumento del 13% tra la prima metà del 2002 ed il 2003. Ed il solco tra il 20% più ricco ed il 20% più povero della popolazione si sta approfondendo. I primi stanno accumulando il 54% della ricchezza prodotta recentemente e questi ultimi solo il 3%.
I mesi stanno passando ed il divario tra gli atti del governo Kirchner e le sue parole si sta facendo più marcato. Le illusioni di quanti credono che questo sia un governo radicale stanno svanendo. L'immagine di un governo pragmatico è molto più vicina alla realtà. Come già accaduto in passato in questo paese, abbiamo a che fare con un tradizionale governo "peronista progressista", come la stessa moglie del presidente Kirchner ha ammesso lo scorso anno in un forum a Parigi.
Suo malgrado, il popolo argentino sta imparando a conoscere i limiti di questo "progressismo". Ci troviamo davanti ad un paese con il potenziale per nutrire 300 milioni di persone all'anno ma che, nella situazione attuale, non riesce a nutrire nemmeno i suoi 30 milioni di cittadini, di cui il 58% vive al di sotto della soglia della povertà.
11 gennaio 2002 Quei bravi ragazzi globali dell'IMF
Conn Hallinan |
Indovinello: qual'è la differenza fra Tony Soprano (1) e il Fondo Monetario Internazionale? Risposta: nessuna, eccetto il fatto che Tony e i suoi compari mafiosi, che estorcono denaro e impoveriscono una manciata di persone nel New Jersey, sono personaggi televisivi; l'IMF, invece, fa le stesse cose a centinaia di milioni di persone nel mondo reale. |
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